PANTELLERIA ED I SUOI DAMMUSI: DELLE VERE E PROPRIE “MACCHINE” PER ABITARE

Al largo delle coste siciliane, più vicina al continente africano che a quello europeo, si trova l’isola di Pantelleria, conosciuta anche come la Perla Nera del Mediterraneo. 

Le sue origini vulcaniche hanno da sempre caratterizzato la conformazione del territorio, insidioso e di difficile gestione.  

L’isola di Pantelleria fin dai tempi dei primi pionieri del mare è stata oggetto di interesse per la sua posizione strategica nel cuore del Mediterraneo e nei secoli è stata terra di conquista da parte di molte civiltà. Le sue coste rocciose, inaccessibili soprattutto nella zona meridionale, garantivano una naturale difesa dagli attacchi dei possibili invasori e non hanno mai spinto l’uomo che la viveva a sviluppare un’economia basata sulla pesca. L’agricoltura è stata sempre un punto di forza e gli abitanti dell’isola, nel tempo, hanno sviluppato tecniche specifiche per rendere produttivo un territorio cosi ostile. 

Con i suoi muretti a secco e i terrazzamenti, l’uomo ha cercato di adattarsi all’conformazione naturale dell’isola sfruttando quelli che inizialmente erano i suoi punti critici.

La coltivazione dell’uva, fatta crescere a cespuglio e infossata in singole conche scavate nel terreno per proteggere le viti dai venti pieni di salsedine e per favorire l’accumulo di acqua piovana negli inverni brevi e umidità nelle notti estive che assicurano una costante seppur lenta fonte di nutrimento. Ed ancora, i classici giardini panteschi, strutture in pietra a secco, a pianta circolare, realizzati per lo sviluppo di una singola pianta di agrumi, che la proteggevano dai venti e dal sole e che con le loro estremità svasate verso l’interno, favorivano l’accesso della luce solare e l’accumulo di acqua piovana e di umidità della notte per lo sviluppo della pianta.

In questo contesto così particolare, così insidioso e di difficile gestione, sorge la sua tipica abitazione: il dammuso pantesco. 

Struttura classica “a sacco”, in pietra di origine vulcanica, recuperata sul posto, con muri perimetrali molto spessi, per garantire solidità alla stessa e per creare riparo dai forti venti invernali e dal calore africano delle lunghe e torride estati. Dotato di un’unica porta di ingresso e di poche e piccole “finestre”, il dammuso si distingue soprattutto per le sue coperture voltate, impermeabili all’acqua e con uno svasamento lungo tutto il perimetro del fabbricato, così da poter convogliare l’acqua piovana e portarla a raccolta in cisterne interrate, scavate nella roccia ed impermeabilizzate con malta idraulica, per assicurarsi una scorta durante i lunghi periodi caldi di grande siccità: il dammuso è una vera “macchina” per abitare.

Spartano nella sua essenza ma concepito e realizzato nel tempo dall’uomo come protezione e come vero e proprio strumento fondamentale per la sopravvivenza in un piccolo lembo di terra insidioso circondato dal mare.

 

Visita un dammuso QUI

 

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